sabato, novembre 11, 2006

Vivo ma vegeto

A volte la vita è talmente bella ma così dannatamente impegnata, tra il serio e il faceto, che raramente si ha consapevolezza dell'unica condizione, necessaria e sufficiente, della vita stessa: l'esistenza. Poche volte infatti ci si accorge di essere realmente essenti-vivi, padroni della propria vita nella misura in cui ci è stata donata e possessori, a maggior ragione, di una libertà ancora più responsabilzzante. Poche volte, dicevo, perché è abitudine (in cui sono solito calarmi abitualmente) vegetare, spendere il proprio tempo in altre attività dispendiose di energie vitali ma il cui frutto è ben lontano dal riempire di soddisfazioni la vita.
È bello invece far sì che la luce del sole sia lo stimolo della nostra coscienza, per sentirsi meno vegeti ma sicuramente più vivi.

venerdì, novembre 10, 2006

L'irrazionale

Era pratica diffusa, principalmente nel corso del XVII secolo (come il buon Manzoni ci racconta), preservare la pubblica salute dal rischio di contagio di malattie epidemiche additando talune persone con l'accusa di portare il bacillo infetto.
Spesse volte però, tale pratica risultava assai pregiudiziale e venivano così inquisite, quando non linciate, persone totalmente innocenti che pagavano molto aspramente piccoli atteggiamenti equivocati largamente.
La paura dell'untore, infatti, si poggia solo ed esclusivamente su una paura irrazionale, tolta da ogni criterio di logica inerente ad un serio processo o una accurata ricerca della verità, mischiata ad un'antropologica base istintuale di sopravvivenza e ad un vizio psicotico di proiettare verso altri le proprie insicurezze.


Perché vi dico questo, vi starete chiedendo ...forse...
Tralascio i dettagli per questioni di privacy, ma vi dico solamente che l'essersi visti equivocare, da persone non presenti e allo sconosciuto di gran parte della presente questione, comportamenti e o gesti compiuti in aggiunta ad una più generale de-qualificazione del proprio lavoro compiuto con dedizione, efficacia e competenza fa male, molto male. Sicuramente porta a riflettere su se stessi, cercando un fondamento di verità in quelle strane accuse, fondamento che regolarmente è impossibile a trovarsi perché non sussiste; poi si ragiona sui proprio comportamenti, minando alla base ogni intenzione pedagogica che vi è alla base avendo quindi la tentazione di sfociare nel più becero lassismo, nel gattopardiano "non cambiare nulla" tipico di una sciatta e squallida mentalità italiana fino a che uno non ci sta; infine si reagisce, come in parte sto facendo anche ora.
Non vi è stata persona che, agendo in buona fede e animato dai più alti intenti, non si sia visto ostacolare il proprio cammino da benpensanti pieni di complessi che altro non hanno da fare se non rovinare la serenità altrui: esempi concreti e alti si trovano pensando a Socrate, a Gesù e ai profeti di pace contemporanei. Nel piccolo ci siamo noi, popolo sconosciuto che vive all'ombra di se stessi così da proseguire nel proprio sincero e qualificato anonimato ma contribuendo sempre al bene degli altri.
La paura dell'untore, l'irrazionale, ha avuto un primo, parziale effetto: quello di farmi star male, quasi sull'orlo del pianto per ciò che mai avrei potuto solo minimamente pensare di fare. Però non è riuscito nell'intento di vincere neppure una battaglia, figurarsi la guerra.
La guerrà, se servirà, sarò io a condurla con le armi della razionalità e, all'occorrenza, della legalità.
Perché l'untore non abita da queste parti, sia chiaro.