Lo spettacolo di Beppe Grillo a cui ho assistito è stato estremamente spassoso, ma anche incredibilmente irritante. Non certo verso di lui, ma contro i tanti personaggi che hanno costituito la struttura della sua lunga, continuamente interrotta da applausi, narrazione. Ce n'era per tutti. Dallo psiconano al tronchetto dell'infelicità passano per i vari dirigenti e amministratori delegati nonché politici vari, cocainomani o no. Si passava dalla volontà, sempre che il ministro dell'ambiente dia i relativi permessi, di gettare una tonnellata di pece dentro il cratere dell'Etna (intervista ascoltata proprio stasera) alla presenza di testate nucleari in due basi americane (a Brescia e in Veneto) senza dimenticarci dei metalli presenti nel nostro cibo o delle strette relazioni che quei pochi delinquenti stringono governandoci in ogni istituzione o azienda o banca che sia, venditrici queste di merce avariata come il nostro genovese ci ricorda.
Un'attenzione particolare ha meritato il discorso sulle nuove (che più se ne parla più invecchiano) tecnologie, come il WiFi o il WiMax, che consentirebbero (in culo a Tronchetti e alla tanto polemica Wind) di sbarazzarci del costi delle telefonate così come della garanzia di accesso a banda larga da parte di tutt'Italia.
Cari lettori del blog, il grido di battaglia di Beppe Grillo, condiviso da me e da Riccardo (che con il suo striscione Siamo Pronti Quindi Reset ha colorato il palalottomatica), è RESET, appunto. RESET è il grido di chi vuole tagliare i ponti con le stereotipie e i falsi pregiudizi che questa nostra informazione (54° posto secondo House Of Freedom, tra Burundi e Mali) ci somministra come medicinali. RESET è il grido che dovremmo avere per rivendicare l'appartenenza ad un paese che non è più nostro, che non ha una vera rappresentanza politica e che vorrebbe vedere veramente dei dipendenti in parlamento. RESET è il grido che ci dovrebbe accomunare per fuoriuscire dal kantiano sonno dogmatico…
RESET, porca puttana!