Si chiama insicurezza ontologica quel paradigma sistemico-esperenziale per cui il nostro stesso essere, la nostra più intima sostanza, viene ad essere fortemente compromessa nella sua stabilità relativa alla propria identità. In parole povere, il soggetto prova un forte senso di estraneazione di fronte agli eventi contingenti il suo vissuto, tanto da accusare la patologica sensazione di non sapere più che pesci prendere.
Il campo d'azione di questa insicurezza ontologica è sempre più vasto. Non riguarda quindi più la nostra sfera intima a carattere inconscio bensì accede ad ogni aspetto della nostra capacità relazionale, lavorativa, amicale, amorosa, sessuale e spirituale. Mina al suo interno la nostra già precaria capacità decisionale e ci rende incerti, flemmatici, agnostici, incoerenti, disadattati, sfigati e anche un po' stronzi.
Quale, allora, l'origine di tale insicurezza?
A mio avviso si potrebbe ricondurre il tutto all'idea di contraddizione, incertezza, instabilità e accidia. Non penso sia possibile riassumere in una parola questi quattro aspetti, quindi andranno affrontate una per uno.
Vi è contraddizione quando un argomento volge a contrastarne un altro. Fin qui non sorge alcun problema. La contraddizione è pienamente conosciuta e accolta nel piano della logica e della dialettica, purché essa sia fondata. Perfino il relativismo, che possa sull'idea che vi possa essere diverse verità, tocca liminarmente la contraddizione ponendo le verità in un contrasto dialogico. L'elemento distintivo poggia sulla fondatezze delle relative tesi. Al giorno d'oggi non vi è alcuna fondatezza tra le diverse tesi esposte. Un chiaro esempio è la politica dove, tra i diversi schieramenti, vi è solo una contraddizione qualunquista, di facciata e non, pertanto, sostanziale.
L'incertezza ricopre, argomentando sempre sull'aspetto sociale, la maggior parte della nostra vita. Si vive incerti quando non hai un contratto di lavoro sicuro; incerti quando gli ambienti che finora hai visto stabili e duraturi cessano di esserlo modificandosi senza pietà; incerta quando non trovi più le risposte ricevute e, al cercarle ancora, trovi solo silenzio; incerta nel poter programmare la propria vita perché, modificazioni struttural-sociali (come dicono i sapienti) non ce lo permettono; incerta nel gestire il tempo che passa, perché al passato non c'è via di ritorno e il futuro si scopre sempre più corto e con meno opportunità.
L'instabilità la si vede ovunque. Il tempo atmosferico è instabile; una maggioranza di governo non ne parliamo; Mastella è sempre stato instabile e l'unica stabilità su cui contare è la sua totale inconsistenza umana e politica; è instabile la musica, sempre sulla strada del ritmo più bello così come instabile è la voluttuosa moda, mai al real passo con i tempi; è instabile la personalità dell'adolescente che non ha qualcuno/a con cui sfogarsi, con cui parlare dei suoi problemi o che lo guidi verso una strada più certa di quella che ha già intrapreso.
Se tutto questo vi sembra un volermi nascondere dietro un dito, affidando ad altri le responsabilità delle proprie insicurezze, arriviamo all'ultima parola-causa dell'insicurezza ontologica: l'accidia.
L'accidia è, secondo il dizionario della lingua italiana De Mauro Paravia, avversione all’operare mista a noia e indifferenza. Quindi è tutto quanto noi siamo incapaci di fare, perché consumati dall'indifferenza e dalla noia che, tv-internet-casa-disco-divertimentoatuttiicosti, ci fanno provare... e che (non) facciamo volontariamente.
Non è un bel momento quello che stiamo vivendo. Siamo sin nel nostro interno condizionati e indirizzati all'insicurezza ontologica di cui sopra. La forza della nostra volontà, forse, può essere l'unica cosa in grado di poter iniziare un certo cambiamento.
Serve però, inutile raccontarci balle, un nuovo indirizzo a livello politico. La politica, non partitica, ma quella indirizzata al bene comune, è quella che potrebbe dare un nuovo corso sociale tramite interventi strutturali a quell'intorno sociale così necessario e così tanto punto di riferimento in chi riesce a vivere solo ed esclusivamente una speranza laica, realizzando così un altro paradigma teorizzato da Rorthy.
Andiamo avanti, perché indietro è da gamberi. Ad maiora!
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3 commenti:
Devo preoccuparmi se fino a quando è comparso il termine "politica" pensavo che si parlasse di me? :-D
Posto molto bello, ciò che definisce questi tempi secondo me è l'insicurezza di cui parli unita al senso sempre più pesante di impotenza verso ciò che siamo e ciò che ci circonda.
Non c'è più neanche la speranza di cambiare le cose.
Sono capitata per caso nel tuo blog,ho letto qualcosa e mi piace come scrivi. Trovo estremamente interessanti le tematiche che tocchi alternate da sano umorismo e un pizzico d ironia che non guasta mai... Mi piacerebbe scambiare qualche idea con te sempre se ti va! Nausica
Certo Nausica, scambiare opinioni è sempre una cosa interessante e formativa. Sul blog trovi i miei riferimenti, altrimenti lascia un'email o un sito a cui possa fare riferimento. Ciao ciao
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