lunedì, ottobre 18, 2004

Adolescenza e identità

E' molto bello, come tutti i suoi scritti, anche l'ultimo articolo dal titolo: I jeans a vita bassa delle quindicenni di Marco Lodoli, professore in un liceo di Roma.
Sempre sensibile alle tematiche riguardanti lo sviluppo e l'identità degli adolescenti, non ha mancato anche in questa occasione di dimostrare quanta responsabilità possiedere la società attuale nei confronti del soggetto in crescita.
vi invito a leggere l'articolo prima di continuare questa sommaria analisi.
Chi è che, al giorno d'oggi è così fortunato ad avere un'identità propria e ben definita? Annoso problema, invero, sebbene un 16enne dovrebbe avere in tasca già strumenti e metodo per giungere alla risoluzione di questo enigma. Metodi e strumenti, si diceva, che vengono proposti e insegnati nelle diverse agenzie educative, ognuna con metodologie differenti, per conferire al ragazzo una sempre maggiore consapevolezza di sè.
Ma che succede quando sono assenti le agenzie educative o questi messaggi vengono trasmessi da persone non adatte o per codici e linguaggi non pienamente comprensibili?
Le persone che sviluppano e crescono sono lasciate a sé, decidendo quale sia la loro morale da seguire in virtù di un'etica, sempre personale, che poco interferisce con la voglia di (presuntà) libertà propria del periodo pre-adolescenziale.
E' il caso della ragazza protagonista dell'articolo di Marco Lodoli. Quanto mai indicativa, infatti, è la seguente frase:
"Professore, ma non ha capito che oggi solo pochissimi possono permettersi di avere una personalità? I cantanti, i calciatori, le attrici, la gente che sta in televisione, loro esistono veramente e fanno quello che vogliono, ma tutti gli altri non sono niente e non saranno mai niente. Io l'ho capito fin da quando ero piccola così. La nostra sarà una vita inutile".
Può una vita, qualunque essa sia, essere inutile? Non parliamo spesso di protagonismo dei ragazzi nella loro vita e nella società, espresso anche nelle relazioni con i loro amici?
La personalità non è un fattore che viene a formarsi una volta per sempre, anzi, è un continuo stratificare di esperienze, di eventi, di insegnamenti e consigli. E' un continuo lavoro che ogni persona vicina a dei ragazzi è chiamato a compiere nell'anonimato della sua vita ma nella forza della sua testimonianza.
Ogni ragazzo, infatti, ha bisogno di modelli, sia persone che idee, da seguire e portare avanti finchè un giudizio critico non le consente di valutare appieno il modello scelto per confermalo, modificarlo o eliminarlo del tutto. Ma chi porrà davanti agli occhi dei ragazzi un modello critico da condividere? Non certo professori poco preparati, nè la telespazzatura presente nella totalità delle trasmissioni che riempiono il nostro palinsesto. Neppure la predica di un sacerdote dall'ambone e nè tantomeno la corruzione avvertita da tutti (ma non, ovviamente, da loro stessi) presente nelle camere parlamentali.
La mia risposta è la vicinanza e l'esperienza. Quest'ultima intesa come unico fattore differenziale per lo sviluppo integrale della persona purchè, nell'errore, vi sia presente chi possa condurre nuovamente sulla "retta via" i ragazzi.
Solo allora, contrattata la fiducia reciproca, si possono proporre modelli critici esterni e paradigmi etici di riferimento.

Una piccola postilla:
Non tutti sono chiamati al ruolo di prossimità che intendo io. Solo chi è formato a questo, attraverso percorsi istituzionalizzati universitari e non, può tentare di percorrere questa difficile strada.
Nessun eroe serve per questo progetto, troppi ce ne sono stati e troppi ne erano di troppo.
Forza ragazzi, la TV non è un modello nè tanto meno quei babbei dei calciatori e delle showgirl.
Sarà la politica, quella vera, a fornire ideali di azione; sarà la religione a porvi avanti problemi etici e morali; sarà la famiglia a farvi avere esempi e modelli di relazione; saranno gli amici vostri a darvi la gioia di vivere e il senso della vostra vita.

Ciao ciao

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